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Un nuovo, doppio appuntamento dei Seminari IFC vedrà protagonisti Alessandra Testa e Davide Bolignano, della UOS IFC di Reggio Calabria. Il giorno 4 dicembre 2014, alle ore 14,30, nell’aula 27 ed. A dell’Area della Ricerca del CNR di Pisa, Via G. Moruzzi 1. Dopo una presentazione/introduzione di Giovanni Tripepi, Davide Bolignano parlerà de L’ipertensione polmonare nella malattia renale cronica e Alessandra Testa di Acido urico nella progressione della insufficienza renale cronica: un approccio di randomizzazione mendeliana. Entrambi i seminari provengono dalla scuola reggina di nefrologia, fra le nostre eccellenze internazionali; di particolare interesse sono le prospettive scientifiche: infatti verranno discussi i punti di vista dell’epidemiologo clinico e del genetista molecolare.

Davide Bolignano ha conseguito il Global Clinical Scholars Research Training Program in methods and conduct of clinical research certificate presso la Harvard Medical School, Boston, USA. Nel 2012 è stato Honorary research fellow presso il Cochrane Renal Group (Centre for Kidney Research- Sydney, Australia) dove ha acquisito esperienza nel campo dell’epidemiologia e nella metodologia della ricerca sistematica e delle meta-analisi. E’ coinvolto nella stesura delle prossime linee guida ERBP (European Renal Best Practice) ed è membro eletto del board della Young Nephrologists Platform dell’ERA-EDTA. Vincitore di diversi premi e riconoscimenti scientifici. Autore di numerose pubblicazioni, i suoi principali campi di ricerca sono la metodologia di ricerca delle evidenze scientifiche, le revisioni sistematiche e meta-analisi, l’epidemiologia e la fisiopatologia dell’insufficienza renale acuta e cronica, con particolare riguardo ai biomarkers di danno renale, l’equilibrio idro-elettrolitico ed il sistema della vasopressina, le azioni midollari e pleiotropiche dell’eritropoietina e derivati, le cellule staminali nell’uremia, gli effetti dell’esercizio fisico nel paziente nefropatico.

Alessandra Testa è Responsabile del laboratorio di Biologia Molecolare – “Genotipizzazione molecolare" e Coordinatore del Laboratorio di Biochimica Clinica, ha una ricca attività di docenza universitaria, nonché di collaborazione scientifica sia come autrice che come “editor”.

Giovanni Tripepi è Responsabile del Modulo di “Epidemiologia e Biostatistica” e Responsabile della UOS di Reggio Calabria dell’IFC. E’ coinvoltoin numerosi progetti nazionali e internazionali, autore di una vastissima produzione scientifica di altissimo livello e qualità.

Di seguito gli abstract dei seminari.

L’ipertensione polmonare nella malattia renale cronica

L'ipertensione polmonare (PH) è una condizione patologica rara e spesso misconosciuta caratterizzata dall’incremento delle pressioni a livello del circolo polmonare (normalmente caratterizzato da bassa pressione ed elevata compliance). Frequentemente la PH è secondaria alla presenza di patologie cardiache o autoimmuni e si associa ad un elevato rischio di mortalità. Non esistono ad oggi interventi terapeutici univocamente efficaci nel trattare le forme più gravi. Nei pazienti con malattia renale cronica (Chronic Kidney Disease, CKD) in terapia conservativa, la prevalenza della PH varia dal 9% al 39%. La percentuale di pazienti con PH è persino maggiore (18,8% - 68,8%) tra soggetti sottoposti ad emodialisi o dialisi peritoneale cronica. La frequenza della PH nella CKD è quindi nettamente più alta rispetto a quella riportata da studi sulla popolazione generale (5-9%). La PH nella CKD può essere indotta e/o aggravata da disturbi del ventricolo sinistro nonché da fattori di rischio tipici della malattia renale, tra cui sovraccarico di volume, la fistola artero-venosa, i disturbi respiratori del sonno, l’esposizione alle membrane di dialisi, la disfunzione endoteliale, la calcificazione vascolare ed il conseguente vascular stiffness o la grave anemia. Il trapianto renale può portare a normalizzazione dei valori di pressione polmonare ma non sembra annullare il rischio di mortalità associato alla PH. Tenendo conto del fatto che, ad oggi, non esistono studi di intervento sulla PH nei pazienti con CKD, la correzione del sovraccarico di volume ed il trattamento dei disturbi ventricolari rappresentano le sole misure correttive disponibili per ridurre il rischio di eventi cardiovascolari avversi legato a questo fattore di rischio emergente.

Acido urico nella progressione della insufficienza renale cronica: un approccio di randomizzazione mendeliana

Background: L'acido urico (UA) è da lungo tempo sospettato come fattore di rischio per l’insorgenza e la progressione verso l'insufficienza renale, ma ancora oggi manca la prova definitiva che sia coinvolto in modo causale nella malattia renale cronica (CKD). SLC2A9, un gene che codifica per il trasportatore dell’acido urico GLUT9, è un fattore genetico fondamentale nella regolazione dei livelli di acido urico plasmatici nell'uomo. Dal momento che i geni sono trasmessi in modo casuale alla progenie, i polimorfismi genetici possono essere utilizzati come "variabili strumentali" per verificare ipotesi di causalità, minimizzando il confondimento dovuto ai fattori ambientali, un approccio chiamato ”randomizzazione mendeliana”.

Metodi: In questo studio prospettico abbiamo utilizzato il polimorfismo rs734553 del gene GLUT9 per indagare il rapporto tra UA ed eventi renali in una coorte di 755 pazienti con CKD di stadio 2-5. L'associazione tra il polimorfismo e livelli di UA è stata preliminarmente confermata in una coorte di 211 volontari sani della stessa area geografica dei pazienti con CKD. Lo studio aveva un end-point renale composito, cioè una riduzione della velocità di filtrazione glomerulare (GFR) >30%, dialisi o trapianto. I pazienti sono stati seguiti in media per un periodo di 29 mesi.

Risultati: Nei soggetti sani i livelli sierici di UA erano più alti negli omozigoti per l'allele T (allele di rischio), intermedio negli eterozigoti per lo stesso allele e più basso in quelli senza l'allele di rischio (P <0.001), ma tale associazione non è stata trovata nei pazienti con CKD . Nella coorte con CKD, gli omozigoti (TT) e gli eterozigoti (GT) per l'allele di rischio avevano un rischio di progressione della malattia renale 2,35 volte più alto (HR 2,35, IC 95%: 1,25-4,42, P = 0.008) rispetto ai pazienti senza allele di rischio (GG). Il rischio di progressione della malattia renale cronica dovuto al polimorfismo rs734553 di GLUT9 rimane invariato anche in un’analisi multivariata, dopo aggiustamento dei dati per i fattori di rischio tradizionali e non tradizionali, come proteinuria, GFR e altri fattori di rischio peculiari della CKD.

Conclusioni: il polimorfismo rs734553 di GLUT9 risulta fortemente associato con i livelli di acido urico nei soggetti sani con funzione renale normale. Al contrario, nei pazienti con CKD di stadio 3-4 i livelli plasmatici di acido urico non sono associati al polimorfismo di GLUT9, che tuttavia mostra un forte potere predittivo per gli eventi renali, un fenomeno che suggerisce che il legame tra i livelli di acido urico e gli eventi renali può essere mascherato da fattori ambientali. I nostri risultati sono compatibili con l'ipotesi che una lunga esposizione ad elevate concentrazioni di acido urico (dovuta a fattori genetici) potrebbe avere un ruolo causale nella progressione della malattia renale cronica.